Da inizio anno, guardando alle principali piazze finanziarie, solo due hanno, ad oggi, performance negative: Hong Kong, che ha lasciato sul terreno l’1,82% (ma sino a poche settimane fa il bilancio era ben più negativo) e, alle nostre latitudini, il Regno Unito (un modestissimo – 0,14%). Il “resto del mondo” continua a “macinare” record e risultati in alcuni casi eccezionali: ieri, tanto per fare un esempio, il nostro MIB, per la prima volta dal 2008, è salito oltre i 34.000 punti, riducendo a “soli” 17.000 punti (che comunque è pari al 50% del livello attuale) il gap. A dominare la scena il Giappone (con il rimbalzo di ieri, il Nikkei è a quasi + 19% da inizio anno) e Milano, con il MIB ad un passo dal + 12% (11,83%). A seguire tutti gli altri, da Wall Street a Parigi a Madrid a Francoforte etc.
Il primo trimestre dell’anno, quindi, sembra essere una replica dell’ultimo “quarter” del 2023 (senza dimenticare il fatto che in quella occasione il rialzo aveva avuto inizio nell’ultima decade del mese di ottobre: una fase temporale, quindi, leggermente inferiore, ma ancora più potente rispetto all’attuale, senz’altro dovuta al fatto che i mercati arrivavano da una fase di calo durata quasi 2 mesi – aveva avuto inizio verso la fine di agosto – in virtù della delusione seguita alle decisioni delle Banche Centrali, in particolar modo della BCE, che aveva fatto intendere che a settembre avrebbe ulteriormente alzato dello 0, 25% il tasso di riferimento, arrivando così al “picco” del 4,50%, livello da cui poi non si sono più mossi, con un percorso pressochè identico a quello della FED americana).
Una situazione, quella attuale, completamente diversa a quella di quest’autunno, con le autorità monetarie “sotto pressione” affinchè accelerino il processo opposto.
Al di là delle dinamiche monetarie, su cui oggi esistono pochi dubbi, la domanda che gli investitori si pongono è se e sino a quando i mercati potranno continuare su questi ritmi.
Assodato che molti (almeno 18 in giro per il mondo) stanno “esplorando” terreni sconosciuti, avendo fatto segnare i massimi di sempre, la “lettura” dei mercati non sempre è così lineare e “scolastica”. Come noto, entrano in gioco molteplici fattori: da quelli puramente economici a quelli finanziari, dalla geo-politica a quelli monetari, senza considerare l’aspetto “emotivo”, forse quello più difficile da prevedere e il più “rapido” nell’indirizzo delle scelte.
Sappiamo che il prezzo di molti titoli arriva da un “rally” quasi senza freni: rispetto ad altre fasi di crescita molto vigorosa, si è notato, almeno per il momento, che i risultati aziendali (vd il recente report di Janus Henderson) continuano a crescere, mantenendo il livello medio dei vari p/e (price/earning) a livelli ancora accettabili, seppur con qualche eccezione, in particolar modo nel settore tech. Valutazioni che, al momento, escludono un rischio “bolla”, che tanti danni ha fatto in passato (il motivo per cui, per esempio, il nostro indice MIB, per quanto bene stia facendo, si sta ancora “leccando le ferite”). Motivo per cui non sono pochi coloro che sostengono che, viste anche le prospettive sul reddito fisso, con i rendimenti destinati, nei prossimi mesi, a scendere, “stare sul mercato” potrebbe essere ancora premiante.
Certamente oggi la cautela inizia ad essere d’obbligo. Il che non significa che le scelte d’investimento devono prendere puramente difensive. Quanto, piuttosto, il fatto che c’è una fetta di mercato che ha fatto molta meno strada rispetto ad altre. Clamoroso, come sappiamo, l’andamento di alcune società tech (le famose “magnifiche 7”, oggi non più di 6 dopo la debacle di Tesla), che, da sole, hanno sostenuto il Nasdaq e anche, in buona parte, lo S&P 500. Quasi auspicabile, oggi, un loro rallentamento, a favore di una gran parte di titoli che, invece, sono rimasti letteralmente al palo. Quello che in gergo si definisce “turn around”, vale a dire il passaggio da investimenti che hanno prodotto risultati molto generosi verso altri rimasti più nell’ombra. In questo senso, il mercato USA, molto più ampio e “diversificato” rispetto a quello di altre aree geografiche, Europa compresa, può offrire ancora spazi di crescita, sostenuto dall’anno elettorale (tradotto in soldoni, politiche fiscali sempre espansive e base monetaria – vera benzina dei mercati – in ulteriore allargamento).
Un aiuto, come ovvio, arriverà dal taglio dei tassi, anche se non è da escludere che, nel momento in cui avverrà, la reazione dei mercati possa essere una relativa debolezza, dettata dalla volontà di portare a casa le plusvalenze (non poche) realizzate (quasi sempre i mercati “scontano” in anticipo le fasi: oggi si muovono al rialzo nella certezza dei futuri tagli, nel momento in cui avvengono reagiscono come se il “momentum” fosse finito, salvo poi riprendere il ritmo in previsione degli ulteriori tagli successivi).
Ad oggi la parola d’ordine sembra quindi ancora essere una: “risk on”. Sino a quando sarà questa la “modalità” difficile che si possa assistere ad una inversione di tendenza che metta in discussione tutto.
La decisione della Bank of Japan di portare i tassi, per la prima volta da 17 anni a questa parte, nella forbice 0/0,1% dal precedente – 0,1% da nuovo slancio alla borsa nipponica, con il Nikkei che non solo recupera le perdite iniziali, ma chiude in positivo di quasi lo 0,7%, grazie anche all’aiuto che arriva dalla debolezza dello yen, in calo per la 6° seduta consecutiva.
Deboli gli altri indici asiatici, con l’Hang Seng di Hong Kong a – 1,17% e Shanghai a – 0,72%, penalizzata anche dalle nuove notizie sulla crisi di Evergrande in seguito ad indagini giudiziarie che farebbero emergere pesanti illeciti.
Futures intorno alla parità in Europa: leggermente deboli, invece, dall’altra parte dell’oceano.
Ieri nuova giornata di rialzi per il petrolio, con il WTI che ha superato i $ 82 (82,19 questa mattina).
Sale il gas naturale Usa, che arriva a toccare $ 1,738 (+ 1,82%).
Oro sempre in una fase “laterale”, con le quotazioni che toccano i $ 2.159 (- 0,33% questa mattina).
Spread a 121,9, sempre sulla “cresta dell’onda”, con i rendimenti del BTP ancora in calo, al 3,68%.
Bund, invece, sempre vicino al 2,50 (2,46%), ben al di sopra dei livelli di inizio anno (mentre il nostro spread è passato dai 167 bp di fine anno agli attuali 122).
Treasury al 4,31%, sui livelli di fine novembre 2023.
€/$ poco mosso, a 1,0864.
Si muove, invece, e non di poco, il bitcoin, che questa mattina troviamo sotto i $ 65.000, a $ 64.500, dai circa $ 68.000 di ieri sera.
Ps: campionato di calcio giapponese. Nell’equivalente della nostra serie A, gioca una squadra che di nome fa Kawasaki (una cosa normale da quelle parti). La settimana scorsa, nella partita con il Fukuoka, ha subito goal da un giocatore che si chiama Kawasaki (e non era un autogol…). Questa domenica altra partita (questa volta contro il Kashima) e altro goal subito. Chi è stato a segnarlo? Un certo Suzuki… Quando si dice che la realtà supera la fantasia…